Categorie
Senza categoria

Persona proattiva: come selezionarla e come gestirla in Azienda

Persona proattiva: come selezionarla e come gestirla in Azienda

Nei briefing che vengono condivisi dai manager ai selezionatori troviamo spesso la parola proattività: “Completano il profilo proattività, orientamento all’obiettivo ecc” : la palla passa quindi al selezionatore che deve o dovrebbe tra le altre cose valutare la proattività dei candidati che prenderà in considerazione per il ruolo.

La proattività è l’attitudine ad anticipare o agire un cambiamento, ma potremmo anche definirla come la capacità di osservare la situazione e di mettere in correlazione eventi, segnali, parole e di anticipare un cambiamento modificando il proprio comportamento. 

In un’attività di selezione valutare questo aspetto può essere tutt’altro che semplice, tuttavia la nostra esperienza come selezionatori ci ha insegnato che ci sono dei modi per indagare l’esistenza o meno di questo requisito.

Ecco alcuni spunti da poter utilizzare durante un colloquio per valutare questa caratteristica.

Per prima cosa è utile porre delle domande riferendosi al passato della persona chiedendo ad esempio per quale motivo ritenga che sia giunto per lui/lei il momento di cambiare Azienda o tipo di ruolo. Da una persona proattiva possiamo aspettarci che vi sia una motivazione al cambiamento legata ad una volontà di anticipare gli eventi oppure alla percezione che da qui qualche tempo le competenze che potrà acquisire in un nuovo ruolo potranno dare alla persona un vantaggio competitivo sul mercato del lavoro.

Successivamente, potrebbe essere molto interessante dare alla persona una serie di informazioni sulla nostra Azienda, dare alcune informazioni sulla posizione e chiedere poi a al diretto interessato se e che cosa farebbe di più o di diverso per ricoprire il ruolo con successo. In questo modo potremo valutare la sua capacità di “ unire i puntini”.

Un ulteriore elemento di valutazione potrebbe essere quello di chiedere alla persona perchè si definisca una persona proattiva: se vi è consapevolezza riceveremo una risposta chiara e coerente.

Una volta individuata ed assunta una persona con questa caratteristica sarà necessario creare le condizioni ambientali affinché questa attitudine diventi un valore per l’azienda.

Come prima cosa è necessario che l’Azienda sia consapevole di aver assunto una persona con questa caratteristica e successivamente dovrà essere quindi pronta a stimolarla e anche ad accettare questo atteggiamento.

Abbiamo infatti osservato che a volte la proattività di una persona viene percepita come invadenza da parte di colleghi e superiori o come volontà di mettersi in mostra a tutti i costi: il Manager e’ Hr dovranno essere in grado di veicolare correttamente la spinta di questa persona.

Anche in questo caso ci siamo confrontati con molti clienti che sono riusciti a valorizzare le proprie persone dando da un lato delle linee guida chiare e lasciandole poi libere di analizzare, proporre e a volte anche di contestare.

Per fare questo è necessaria una condivisione chiara della cultura e delle visione aziendale e l’apertura da parte dei manager all’ascolto di un punto di vista diverso, magari basato su evidenze non ancora così evidenti, per usare un gioco di parole. 

In questo articolo abbiamo voluto riportare quello che la nostra esperienza ci ha insegnato: valutare la produttività è importante, ma prima lo è ancora di più creare le condizioni per far sì che si possa esprimere.

Non basta dichiarare di volerla, ma bisogna imparare a gestirla.

Oktopous s.r.l.

Categorie
Senza categoria

Il motore del cambiamento non è l’esperienza

Il motore del cambiamento non è l'esperienza

Le organizzazioni umane stanno vivendo un momento di grande cambiamento: gli avvenimenti dell’ultimo anno hanno messo in discussione il quotidiano di tutti e hanno messo molti nella condizione di fermarsi a riflettere su cosa ci fosse di realmente buono e utile rispetto a cosa invece rappresentasse solamente un’abitudine.
Le organizzazioni aziendali non fanno eccezione: l’aspetto che è emerso con maggiore forza è stata la capacità (o incapacità) di affrontare un cambiamento e di trovare in tempi ragionevoli delle nuove modalità di approccio al business, di gestione delle persone, di selezione e di valorizzazione del proprio capitale umano. 
Questo ha fatto emergere due elementi importanti: il primo legato alla necessità da parte delle aziende di analizzare e di rivedere i propri valori, le proprie convinzioni, le proprie modalità operative e di gestione, il secondo legato alla necessità di capire da dove far partire l’evoluzione.
Evoluzione sì, perché di questo si sta parlando. Evoluzione in senso darwiniano: sopravvive il più adatto, non il più forte.
Tornando a temi più concreti, analizzando tutti i processi che hanno interessato i cambiamenti all’interno delle aziende, questi sono stati sempre voluti e/o guidati dall’alto. In altre parole, le persone che ricoprono ruoli di responsabilità e che quindi possiedono (o dovrebbero possedere) la visione sul futuro, trasformano questa in strategia e poi chiedono ai propri manager di tradurli in tattica.

Non solo: nel momento in cui le figure di responsabilità si trovavano in difficoltà in quanto non avevano le competenze (o le esperienze) per poter guidare, elaborare strategie o tattiche si sono fatte affiancare e formare da chi invece l’esperienza l’aveva maturata.
Questo approccio è efficace nel momento in cui l’esperienza sia effettivamente il valore necessario a portare un’evoluzione nelle organizzazioni.
Smartworking, digitalizzazione, sistemi olonici, leadership inclusiva: si tratta di concetti, di termini che hanno pochi anni di vita. Chi può dirsi veramente esperto?
Probabilmente nessuno, quindi chi può aiutare le persone che hanno la giusta visione a portare nelle loro organizzazioni i cambiamenti necessari a farle evolvere?
Gli ultimi arrivati: i neo assunti, i giovani, ma anche le persone che arrivano da settori diversi, ad esempio.
Quello che invece viene fatto in molte organizzazioni e cercare di formare e quindi di far cambiare il modo di lavorare o di pensare a chi ha già esperienza di azienda o settore e pretendere poi che queste persone si facciano portavoce verso i propri – chiamiamoli così – sottoposti.

La vera rivoluzione invece sta nel ribaltare completamente il flusso. Se vogliamo ad esempio impostare un modo di lavorare diverso – più digitale per usare un termine al momento molto di moda – devono essere le persone che hanno meno esperienza di azienda, ma maggiore dimestichezza con le tecnologie e che si sono formati in un mondo molto più simile all’oggi rispetto ai colleghi più senior.
Estremizzando: dovrebbero essere gli ultimi arrivati a formare le persone che sono già in azienda, imprenditori compresi.
Questo apre le porte ad un’altra riflessione: chiaramente non tutti gli ultimi arrivati sono in linea con la visione aziendale pertanto come faccio a selezionare correttamente quelle risorse che effettivamente potranno aiutarmi a concretizzare il cambiamento?
Valutando la loro adattabilità all’azienda che volgiamo ci aiutino a creare.
Si tratta quindi di passare da un paradigma in cui il vertice aziendale condivide con la propria prima linea (competente ed esperienzata) la sua visione, pretende che utilizzino la loro esperienza ( basata sul passato) per tradurla in tattiche, e che propongano dei piani di sviluppo coerenti per far evolvere le persone che coordinano ad un altro paradigma, in cui l’azienda assume persone diverse e valuta la loro compatibilità con la visione dell’azienda e lascia che siano loro a proporre la strategia da seguire e le tattiche arrivando ad essere loro i formatori dei loro capi.
Lo scriviamo così, tutto d’un fiato: chi lo sta facendo sa di che cosa stiamo parlando, chi non lo sta facendo sta perdendo forse la più grande opportunità di far crescere la propria azienda e le proprie persone. 

Oktopous s.r.l.

Cover Photo by Luke Southern on Unsplash.