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Riflessioni di fine anno: come valorizzare i propri dipendenti

Riflessioni di fine anno: come valorizzare i propri dipendenti

L’anno che sta volgendo al termine ha messo tutte le persone di fronte al fatto che possono esistere modi diversi di vivere la propria vita professionale rispetto a quelli a cui erano abituate.

Digitalizzazione dei processi HR, rinnovamento dei percorsi di talent acquisition, inclusione, ingresso della generazione Z in azienda sono i temi più caldi nelle agende di HR, imprenditori e Manager.

E bisogna fare in fretta perché è in atto una vera e propria guerra per accaparrarsi i migliori talenti e professionisti: una guerra che si combatte a colpi di piani di welfare, smart working, lavoro per obiettivi e non più per compiti, garanzie di feedback continui, flessibilità.

Tutto pur di assumere le persone nel minor tempo possibile, “ingaggiare”, farle innamorare della nostra azienda affinchè non ci lascino più.

Siamo alla fine dell’anno, tempo di bilanci, di riflessioni e una domanda ci sovviene: e i nostri dipendenti? 

O meglio: quelli che erano già nostri dipendenti e che hanno contribuito e stanno contribuendo a far vivere e crescere le nostre aziende?

Parliamo di chi è rientrato in ufficio dopo un lungo periodo di assenza per smart working e che deve confrontarsi con un modello di lavoro ibrido tanto gradito a molti, ma magari non rispondente alle proprie caratteristiche. 

Oppure di chi svolge un lavoro “a compito”, che non può essere tradotto solo in obiettivo e anche di chi vuole essere pagato per le ore che fa anche senza ulteriori incentivi. 

C’è poi chi ha una posizione che implica la gestione di persone e che non ha ancora imparato a farlo senza poter avere un contatto fisico quotidiano.

Infine, parliamo di tutti coloro che negli ultimi 12 mesi hanno visto cambiare le proprie aziende e a fronte di ciò gli è stato chiesto di adattarsi.

Esiste un modo per controbilanciare la spinta che arriva dall’esterno con la spinta che arriva dall’interno della nostra azienda? 

Se l’organizzazione è cambiata allora chi ci lavorava prima del cambiamento potrebbe non riconoscersi più: come posso fare scongiurare le dimissioni o prepararmi in anticipo a questo evento?

Se chiediamo alle nostre persone di ricevere e dare feedback più frequenti come possiamo insegnare a chi non è abituato a farlo ad iniziare a farlo?

Se vogliamo che le informazioni circolino più facilmente come possiamo capire chi oggi rappresenta un collo di bottiglia? 

Chi all’interno delle organizzazioni si è posto queste domande ha affrontato questi temi con un metodo che ora vogliamo condividere: un nostro regalo di Natale che speriamo possa essere utile. 

Prima fase 

Ascolto attivo delle proprie persone: hanno responsabilizzato coloro che coordinano altre persone affinché raccogliessero spunti, malesseri, esigenze, necessità; 

censimento delle persone: prima di cercarle all’esterno le aziende hanno valutato attraverso un’adeguata mappatura delle competenze le professionalità e le soft skills delle proprie persone;

 

Seconda fase

Valutazione dell’azienda: come è cambiata, che cosa sta cambiando e che cosa ci sarà di diverso d’ora in poi nel modo di lavorare, di approccio al mercato, di strumenti da utilizzare ecc.

comunicazione a tutte le persone della visione e nuova strategia aziendale affinché tutti siano partecipi e possano contribuire al cambiamento 

 

Terza fase

Valutazione dell’ adattabilità delle persone rispetto all’organizzazione di domani e pianificazione di interventi (di formazione, di supporto alla crescita, ecc. ) verso quelli che rappresentano delle figure chiave

pianificazione di un adeguato piano di successione per coloro che risultano meno adatti al contesto aziendale di domani e che quindi molto probabilmente cercheranno un nuovo contesto lavorativo per non trovarsi improvvisamente senza le adeguate competenze.

 

Queste sono le attività poste in essere all’interno dell’azienda in concomitanza a quelle verso l’esterno per attrarre persone di talento e posizionarsi adeguatamente nel mercato del lavoro.

Oktopous s.r.l.

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Le regole d’oro per un onboarding efficace

Le regole d’oro per un onboarding efficace

La selezione di una persona da assumere è un processo affascinante e molto importante: non stupisce infatti come le aziende dedichino tempo e risorse a questa attività.

Quello che appare invece come molto curioso è il fatto che gli sforzi profusi nella fase di assunzione non vengano replicati nella fase successiva ovvero nel momento dell’ onboarding.

Interessante infatti è osservare come in molte realtà questo processo possa sostanziarsi nella consegna della borraccia con il logo aziendale, il badge, la presentazione rapida e indolore ai colleghi e ad una foto su linkedin. Stop.

Al di là del folclore, sono state fatte innumerevoli analisi rispetto all’ efficacia del processo di onboarding e tutte hanno evidenziato sostanzialmente la stessa cosa: nella maggior parte dei casi il processo si traduce in qualcosa di meccanico o in altre parole ci si concentra più sul “cosa fare” piuttosto che sul “come farlo”.

L’ingresso di una nuova persona in azienda presuppone certamente una formazione sulle procedure, le policy, i sistemi da utilizzare, ma tutto questo non è sufficiente o meglio non lo è più: le aziende virtuose assumo nuove persone sia per fargli svolgere delle attività, ma anche per acquisire una valore dalla persona in termini di modi di pensare, di lavorare, di comunicare, di chiedere o dare autonomia tutti elementi che vanno prima valutati e poi valorizzati.

Il nuovo assunto dal canto suo non si accontenta di avere un posto di lavoro nel quale poter svolgere delle attività, ma ha necessità di capire come poter comunicare con i colleghi, come poter valorizzare sé stesso, come poter ottenere autonomia o supporto e tutto questo non viene spiegato dalle procedure aziendali.

Ecco perché un onboarding efficace è un percorso che azienda e neo assunto fanno assieme e che può diventare un elemento fondamentale nell’attrarre talenti sul mercato.

La prima regola per creare un processo di onboarding che sia di valore parte da una valutazione della persona per comprenderne i punti di forza e le aree di miglioramento.

La seconda è quella di dare al neo assunto un punto di riferimento: un mentore che possa metterlo nelle condizioni di rendersi consapevole di come poter meglio inserirsi nella nuova organizzazione.

La terza è quella relativa al tempo: un percorso non può durare qualche giorno, ma deve avere una durata ragionata e prevedere dei check point per valutarne l’andamento. Per dare un’indicazione in termini di tempo sarebbe strano un percorso di onboarding della durata inferiore a quella dedicata alla selezione della persona assunta.

In conclusione, assumere la persona che meglio si adatta alla nostra Azienda è un elemento fondamentale, ma anche dare gli strumenti per supportare il suo adattamento è parimenti importante.

Oktopous s.r.l.