Sbagliare sul lavoro è una esperienza universale, e una grande occasione per imparare. Questo vale non solo per il dipendente che ha commesso l’errore, ma anche per l’azienda stessa che, attraverso il monitoraggio e l’analisi degli errori, può migliorare i propri processi.
Infatti, bisogna sempre ricordare che, in termini di gestione aziendale, l’obiettivo del management deve sempre essere quello di minimizzare la probabilità che gli errori accadano.
Tuttavia, è anche vero che uno degli aspetti più preziosi per una organizzazione, forse quello più importante, è la capacità delle persone di apprendere e crescere, a partire dai propri errori.
Sembra un controsenso, ma è così: le aziende devono creare processi e strutture che minimizzino gli errori, ma allo stesso tempo incentivare una cultura aziendale che sia aperta e comprensiva all’errore, nella quale le persone siano a proprio agio, senza paura di incorrere in punizioni. A sua volta, questo favorirà la creazione di un ambiente più disteso, migliore rapporto con i colleghi, un ambiente creativo e meno stress in generale.
Ma la capacità di migliorare a partire dai propri errori non è solo favorita dalla cultura aziendale; è anche una specifica caratteristica individuale, ed è bene che venga esplorata in fase di colloquio di assunzione.
Sia chiaro, gli errori di cui parliamo in questo articolo sono principalmente quelli che non portano a rischi per la salute altrui; è bene infatti differenziare gli errori in nell’ambito della sicurezza sul lavoro da quelli che non hanno conseguenze gravi per le persone, e che al massimo determinano la moderata perdita di tempo e risorse.
Vediamo come i passati errori di un candidato possano aiutarci a conoscerlo meglio in fase di colloquio, ad esempio chiedendogli di raccontarci un episodio in cui ha commesso un errore.
Se durante un colloquio di lavoro chiederemo candidato di raccontare di una situazione in cui, in un lavoro passato, abbia commesso un errore, dobbiamo fare attenzione ad alcuni aspetti chiave della sua risposta.
Canonicamente, per la valutazione di domande di tipo comportamentale, viene posta attenzione a quattro punti fondamentali, identificati con l’acronimo S.T.A.R.:
Tuttavia, questi quattro punti da soli non esauriscono le opportunità di conoscere meglio la persona che si ha davanti. È importante anche saper leggere come la persona reagisce alla domanda, il suo tempo di risposta, il tono della voce, la proprietà di linguaggio e narrazione, il carisma, etc.
Ma quali altre preziose informazioni possiamo cogliere dalla risposta del candidato?
Il quadro completo della risposta del candidato, se lo sappiamo leggere, ci potrà dare una buona idea della sua capacità di apprendere, ed anche della sua adattabilità. La gestione dell’errore è infatti un’importante cartina tornasole per la capacità della persona di adattarsi ai cambiamenti.
Infatti, i periodi di cambiamento (per l’organizzazione o la persona) sono molto delicati, perché cambiare comportamenti ed abitudini comporta l’inevitabile aumento di probabilità che si verifichino errori. E persone non adattabili potrebbero non apprendere da questi.
Pensiamo ad un nuovo assunto che non sa come trasferire la telefonata di un cliente importante, e interrompe la chiamata, o al commerciale da poco in Smart Working che non registra correttamente le informazioni sul nuovo CRM o ancora al programmatore che invia in produzione una stringa di codice errata perché nella azienda precedente fare domande era percepito come un sintomo di incompetenza.
Tutti questi errori devono essere riconosciuti dalle persone che li commettono, che devono essere in grado di prendere le misure necessarie a far sì che non ricapitino. E la capacità di adattamento è un aspetto fondamentale di questo processo.
Saperla cogliere in fase di colloquio, nello specifico ponendo domande relative agli errori, è un potente strumento a disposizione del selezionatore.