Il recruiting al tempo dello Smart Working
La pandemia di covid-19 che stiamo ancora vivendo ha cambiato molti dei nostri abituali comportamenti quotidiani. Oltre a limitare la possibilità di spostamento e di vivere la socialità come prima, a seguito dell’introduzione del distanziamento e dell’uso delle mascherine, ha enormemente inciso sulla quotidiana attività lavorativa.
Dopo un primo comprensibile momento di incertezza le aziende si sono dotate di strumenti tecnologici più sofisticati al fine di permettere la continuità lavorativa anche da remoto. Oggi termini quali Smart Working, Cloud, Webinar, ecc… sono entrati nel nostro lessico lavorativo.
Anche le aziende che stanno timidamente riaprendo i propri uffici hanno ancora una percentuale molto elevata di dipendenti operativi da remoto. Tale tendenza, al di là delle motivazioni sanitarie contingenti rimarrà, anche se in misura più ridotta, in moltissimi dei settori che hanno una buona parte di attività gestibile non necessariamente in presenza.

Chi si occupa di recruiting sa che i fattori da valutare sono tantissimi e molto spesso mutevoli durante l’iter che porta alla scelta del candidato migliore. Anche quando si è curato in ogni minimo dettaglio l’intero processo possono esserci dei fattori esogeni a complicare le cose. Una controfferta inaspettata, sopraggiunte difficoltà dell’azienda o… una pandemia.
L’ottica di chi si occupa di HR in azienda si è inoltre spostata dal trovare una persona al individuare il talento che non solo sia in grado di portare valore aggiunto, ma molto spesso possa rimanere all’interno del contesto per un lungo periodo.
Anche gli strumenti utilizzati si sono evoluti. Siamo passati degli annunci del venerdì sul Corriere della Sera, ai siti di job posting, all’utilizzo di database sempre più sofisticati, al ricorso alle video interviste in differita, all’intelligenza artificiale.
Quando tutti questi aspetti vengono curati il bravo selezionatore si ritrova con una shortlist di 3 profili tutti interessanti ed in linea con quanto richiesto. Il lavoro però non è finito qui. Adesso arriva la parte difficile, riconoscere chi tra questi validi candidati è il migliore per la propria azienda. Se dopo aver indagato il percorso di studi svolto, tutte le competenze maturate, dopo aver verificato ogni cambio di lavoro non emerge con forza la scelta migliore, se tutti i candidati sono egualmente interessanti, può essere utile di farsi aiutare dalla scienza.
Pensiamo soltanto che pre-pandemia gli smart worker in Italia erano meno di 600.000, oggi il Politecnico di Milano stima che siano più di 6 milioni e mezzo.

Tale nuova condizione non riguarda solo la mera quotidianità, ma anche altre fasi dei tipici processi aziendali.
Il mio lavoro di headhunter per le società in questi ultimi 18 mesi ha visto un forte cambiamento nelle fasi di caccia, selezione e presentazione dei candidati. Le aziende dopo aver interrotto di fatto qualsiasi assunzione hanno ripreso i processi di selezione rendendosi però conto che le disposizioni in materia di salute pubblica rendevano di fatto difficile se non impossibile procedere con i classici colloqui come in passato.
Ecco quindi che strumenti quali Skype, Zoom, Meet sono entrati a far parte della quotidianità anche di chi fino a meno di 18 mesi fa avrebbe preferito un incontro di persona.
I selezionatori ed i direttori del personale hanno scoperto, non senza sorpresa, che l’utilizzo di tali piattaforme rendeva i processi più snelli, più veloci senza necessariamente ridurne la qualità.
Oggi non è impossibile che un candidato riceva una lettera di assunzione dopo aver sostenuto alcuni colloqui tutti da remoto. A volte anche la firma della lettera stessa avviene senza che ci sia stato un solo incontro di persona.
Come come può quindi un’azienda affrontare percorsi di recruiting dematerializzandolì completamente?

Oltre ai già citati strumenti per effettuare video interviste in diretta, i recruiter più al passo coi tempi hanno adottato l’uso di piattaforme per effettuare interviste in differita dov’è al potenziale candidato di loro interesse vengono sottoposte delle domande alle quali lo stesso risponde con un breve video utilizzando il cellulare o un computer. La comodità di tali piattaforme risiede nel fatto che i recruiter con pochi click posso invitare decine di candidati contemporaneamente. I candidati inoltre hanno la possibilità di individuare il momento e la location migliore per rispondere alle domande senza dover affrontare lunghe e costose trasferte. Si tratta quindi di una soluzione gradita a tutti.
Anche quei selezionatori abituati a sottoporre test, colloqui individuali con psicologi ai candidati di loro interesse possono trovare soddisfazione grazie all’evoluzione tecnologica. Esistono infatti sul mercato diverse soluzioni in grado di analizzare le soft skill, psico-attitudinali comportamentali, di intelligenza e… qualche tempo di adattabilità.
Quest’ultima è una novità assoluta in quanto in grado di offrire un indice di adattabilità del candidato all’azienda attraverso la compilazione di un semplice, ma al contempo sofisticato test online.
Semplice perché il tutto può essere svolto in maniera molto intuitiva e da remoto.
Sofisticato perché Jemma: future adaptability index (questo è il suo nome) è dotata di un algoritmo proprietario frutto di un lavoro di analisi svolto con la collaborazione con più di 50 aziende coinvolte nel progetto.
Jemma oltre ad essere un ottimo strumento in fase di selezione può essere facilmente utilizzabile anche per valutare le risorse già presenti in azienda per comprendere se le stesse sono grado di affrontare i cambiamenti che l’azienda dovrà mettere in atto per crescere in questi momenti difficili.
Vittorio Nascimbene
Founder & Ceo, Ricercamy s.r.l.
Mi occupo da vent’anni di Ricerca e Selezione del Personale.
Una forte curiosità unita al desiderio di trovare nuove formule per soddisfare le esigenze di recruiting dei clienti sono la mia missione.
Credo fortemente che l’unione di competenze e tecnologia rendano l’Head Hunting Smart.
