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Come muterà il ruolo dei recruiter nel post pandemia

Come muterà il ruolo dei recruiter nel post pandemia

Fino a qualche tempo fa il selezionatore, ricevuto il fabbisogno dall’azienda, procedeva all’implementazione del classico iter di selezione, dall’individuazione del job profile alla stesura della job description, con conseguente pubblicazione degli annunci sui diversi portali dedicati. Successivamente, ricevute le candidature, fatto un primo screening, gestito il contatto telefonico e prima intervista con i candidati preparava la short list da presentare ai responsabili di funzione, con la speranza di fare centro al primo colpo (anche perché spesso le selezioni da seguire erano molteplici). 

Il Futuro

Nel prossimo futuro il recruiter focalizzerà sempre più la propria attenzione sul candidato, con l’obiettivo di valorizzarlo e mantenere con lo stesso un rapporto nel lungo periodo al di là della singola ricerca per la quale è stato considerato. In questo modo il ruolo del recruiter si trasforma da “passivo” ad “attivo” ovvero in costante ricerca di opportunità.

Ma non solo…

Di fatto nel prossimo futuro i recruiter faranno meno selezione, ma creeranno più opportunità e prenderanno a prestito più risorse di prima.

Ciò perché la mobilità interna all’azienda non sarà più un plus, ma una necessità. La figura del recruiter collaborerà sempre di più con team dedicati alla crescita e allo sviluppo (CS) e HR.

Pertanto si concentreranno sul guidare o creare un rigoroso programma di mobilità interna, invece di affidarlo ai responsabili delle selezioni.

Dovrà essere migliorata da parte delle aziende la capacità di catalogare le competenze dei propri dipendenti le quali verranno poi collegate in modo chiaro con le opportunità di lavoro appropriate. Grazie ad una formazione continua i dipendenti potranno colmare qualsiasi lacuna impedisca loro di essere qualificati per le nuove esigenze.

Multicompetenze

Come già oggi appare sempre più chiaro l’attuale situazione di incertezza, senza precedenti, costringerà le aziende a prediligere il lavoro multifunzionale basato su progetti piuttosto che le posizioni racchiuse in compartimenti stagni.

Pertanto, man mano che le esigenze aziendali cambieranno, i dipendenti lavoreranno a nuovi progetti. Ciò comporterà un mutamento significativo anche nel modo in cui i recruiter valutano e selezionano i talenti. Daranno priorità al potenziale e alle competenze trasferibili dei candidati, come l’adattabilità e la capacità di problem solving, rispetto all’esperienza e all’abilità tecnica di svolgere attività specifiche.

Gli Strumenti

Serviranno quindi strumenti sempre più sofosticati in grado di affiancare alla valutazione delle competenze più tecniche anche le cosiddette soft skills.

Come detto la capacità di lavorare in team, la gestione del lavoro sotto stress o per obiettivi, l’autonomia decisionale e la capacità di adattamento saranno analizzate con crescente attenzione da chi si occupa di selezione del personale.

Inoltre saranno sempre di più gli strumenti a supporto di tale attività. Strumenti semplici da usare, ma accurati negli esiti.

I recruiter in pratica potranno avvalersi di estensioni della propria capacità di giudizio per rendere il risultato del loro lavoro più qualitativo in meno tempo.

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Vittorio Nascimbene

Founder & Ceo, Ricercamy s.r.l.

 

Mi occupo da vent’anni di Ricerca e Selezione del Personale.

Una forte curiosità unita al desiderio di trovare nuove formule per soddisfare le esigenze di recruiting dei clienti sono la mia missione.

Credo fortemente che l’unione di competenze e tecnologia rendano l’Head Hunting Smart.

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Le Competenze Digitali: oltre il Pacchetto Office

Le Competenze Digitali: oltre il Pacchetto Office

Sia persone in cerca di lavoro sia i reclutatori dovrebbero prestare particolare attenzione ad una sezione del Curriculum spesso messa in secondo piano: le competenze digitali.

Avere competenze digitali non significa solo “saper usare un computer”, ma neanche essere esperti in coding e programmazione! Significa saper utilizzare con dimestichezza e spirito critico le tecnologie, in particolare Internet.

Anche se escludiamo le posizioni non tecniche, ad oggi molti annunci di lavoro richiedono almeno il pacchetto Office, che la maggior parte delle persone include (e solo quella) nel proprio CV. Queste posizioni possono riguardare figure amministrative, commerciali, di marketing, di segreteria, oltre che molte altre. Inoltre, può venir richiesta la conoscenza di software specifici come CRM o software per la pianificazione delle attività.

Saper usare questi programmi è chiaramente una competenza importante (e non scontata), ma quando al lavoro ci sediamo di fronte ad un computer o tiriamo fuori dalle tasche il nostro cellulare, si apre un mondo di possibilità e di sfide che non sempre sono immediatamente visibili.

E tutti noi lo sappiamo bene: quante volte abbiamo partecipato a videoconferenze in cui un partecipante non riusciva a sentirci, perché non era in grado di impostare la sorgente audio corretta (ad es. le cuffie)? Quante volte capita che un collega, cliente o supervisore riceva via mail un file che non riesce ad aprire? O non sappia condividere una cartella di lavoro? O editare un file PDF?

Queste ed altre piccole difficoltà possono sembrare banali, ma nel lungo periodo possono creare grandi problemi, a partire da una progressiva inefficienza quotidiana fino, e soprattutto, ad una mancanza di percezione di efficacia e di utilità delle persone meno “digitali” che, rassegnate all’idea di essere impacciate con le nuove tecnologie, possono ritenere il loro contributo meno prezioso di quello di colleghi con maggior dimestichezza, spesso più giovani.

Facciamo chiarezza: avere competenze digitali, non significa saper convertire un PDF o condividere una cartella su Drive. Significa avere sufficiente scioltezza con le tecnologie da rendersi conto che davanti a questi semplici problemi, spesso una sufficiente ricerca sui motori di ricerca può darci le risposte che cerchiamo. Significa anche saper leggere le istruzioni così come vengono proposte, ad esempio su forum, tutorial, post su social, e replicarle sui nostri computer, senza errori. Significa individuare le informazioni corrette e separarle da quelle che non si applicano al nostro caso, ad esempio se usiamo un PC Windows, non seguiremo le istruzioni per Apple.

Ma non solo: significa anche riconoscere i propri limiti e chiedere supporto ai colleghi, dimostrando apertura mentale e voglia di crescere.

Le competenze digitali possono portare una persona, e le aziende che la assumono, molto lontano: pensate ad una figura commerciale esperta nel raccogliere informazioni online su potenziali clienti, o ad un addetto marketing deciso ad imparare a leggere in maniera analitica i dati relativi al flusso di visite ad un sito web, oppure ancora ad una figura contabile che impari in breve tempo ad utilizzare il nuovo software di gestione.

Assumere figure di questo tipo diventa fondamentale, così come saper far risaltare queste competenze in un Curriculum da una parte, e saperle leggere dall’altra. Un CV dovrebbe infatti sempre contenere esempi di come il candidato abbia risolto problemi di mansione o organizzativi grazie alle proprie competenze digitali, o di come si sia dimostrato attento ai propri limiti e abbia imparato a sviluppare queste capacità, a partire da mancanze riconosciute.

Unveil Consulting s.r.l.

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Grande brand = ruolo appagante…siamo sicuri?

Grande brand = ruolo appagante...siamo sicuri?

Prendiamo spunto dall’esperienza di alcuni candidati che si sono trovati nella condizione di volersi rimettere sul mercato dopo pochi mesi dall’inizio di un nuovo rapporto di lavoro, in quanto la posizione che sono andati a ricoprire nella nuova azienda non rispecchia le loro aspettative.

Abbiamo osservato come questa circostanza sia molto frequente in occasione di ingressi in aziende caratterizzate da brand molto noti e di grande appeal sul mercato da parte di persone che si trovano in una fase intermedia della propria carriera professionale.

Queste persone quando vengono contattate per posizioni presso realtà blasonate, perdono di vista i contenuti reali della posizione e il contributo che il ruolo offerto può dare al profilo professionale in quanto attratti dalla possibilità di lavorare in un’Azienda caratterizzata da un grande brand.

La convinzione che un grande brand sia sinonimo di un’organizzazione perfetta e di posizioni interessanti ed appaganti per il brand ha di solito le proprie radici nel percorso universitario quando grandi aziende molto note vengono portate ad esempio in più ambiti: tutto vero finché non ci si scontra con l’effettiva operatività.

Inoltre, se all’inizio del proprio percorso professionale lavorare in un contesto più noto ed evoluto può portare ad avere un vantaggio rispetto a chi lavora in realtà anonime ( ad esempio una società di consulenza di prima fascia può metterci in contatto con clienti più importanti rispetto ad altre) questo non è sempre vero anche nelle fasi successive della carriera: quello che va sempre valutato prima di tutto è effettivamente che cosa si dovrà fare e che cosa si potrà effettivamente imparare.

In particolare, sarebbe opportuno valutare alcuni aspetti quali

  • Coerenza rispetto al percorso;
  • Reali contenuti della posizione in termini di operatività quotidiana;
  • Reale grado di autonomia nello svolgimento delle attività;
  • Possibilità di acquisire nuove competenze sia tecniche, ma anche gestionali, organizzative, ecc.

Tutto questo a prescindere dal nome dell’azienda.

Il consiglio è quindi quello di valutare con attenzione il ruolo, reperire informazioni concrete sul contesto e sull’Azienda e non lasciarsi affascinare solo dal nome.

Oktopous s.r.l.