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Dobbiamo immaginarci un nuovo futuro per il lavoro

Dobbiamo immaginarci un nuovo futuro per il lavoro

Stiamo vivendo in un’epoca di grandi trasformazioni sociali, politiche ed economiche che avranno riflessi sempre più forti sul mondo del lavoro. Per questo le aziende devono cominciare a prepararsi ad un grande cambiamento.

Sotto quali forme dovranno esprimersi questi cambi di paradigma? 

Innanzitutto bisognerà ripensare al dove, come, quando e quanto le persone lavoreranno. A causa della pandemia, infatti, le aziende si sono organizzate (ove possibile) per remotizzare gran parte delle attività.
Negli ultimi due anni il lavoro è cambiato. Lo smart working ha imposto una mutazione rispetto alle attività d’ufficio. Si lavora sempre di più per obiettivi e non in base alle ore.
Ciò pone anche un altro tema sul piatto: quante ore si lavorerà in futuro?

La pratica di lavorare dalle 9 alle 18 con un’ora di pausa pranzo sta finendo. Sono già diverse le aziende in tutto il mondo che hanno introdotto la settimana di 4 giorni.  

Come sempre non siamo stati noi italiani ad inventare questa nuova formula. Negli Stati Uniti, dove le grandi tech company sono sempre state più innovative che altrove, ci sono realtà che hanno stabilito in 4 giorni la giusta durata della settimana lavorativa. E non necessariamente tutti in presenza.I vantaggi di una simile scelta possono essere l’efficientamento del lavoro di ogni singolo dipendente e la drastica riduzione del burnout per troppo stress.

Un altro aspetto importante per effettuare al meglio questa transizione è legato all’alternanza tra lavoro da remoto e lavoro in azienda.

Molte delle grandi aziende che si sono ritrovate gli uffici vuoti per evitare di favorire il contagio tra i propri dipendenti, hanno dovuto ripensare anche agli spazi aziendali. Meno postazioni (anche per ridurre i costi di locazione), ma prenotabili dai propri dipendenti che per 2-3 giorni alla settimana potranno incontrarsi con i colleghi per lavorare ad un progetto o per fare brain storming.

Anche le riunioni da remoto dovranno essere meglio regolamentate per evitare estenuanti videoconferenze che rischiano solo di aumentare lo stress delle persone.

Per evitare inoltre discriminazioni tra chi è più presente in ufficio e chi invece preferisce lavorare da remoto sarà inoltre necessario formare i manager aziendali.

Sono i manager infatti i responsabili degli obiettivi di team. E non dovranno cadere nella tentazione del controllo, molto difficile da applicare a chi opera da remoto, come spesso hanno fatto prima della pandemia.

Se quindi i manager con maggior esperienza dovranno ricevere un’adeguata formazione per non cadere in errori gravi, le aziende dovranno investire in nuove figure di responsabilità più giovani e più avvezze a ragionare in un’ottica di remotizzazione delle attività.

L’utilizzo di chat piuttosto che dei video per lavorare ad un progetto può aiutare la concentrazione delle persone, evitando che disperdano tempo ed energie in lunghi confronti telefonici e video. Per ottenere questi risultati può essere molto utile adottare dei tool online che dividono i vari progetti seguiti in sotto-attività permettendo ai responsabili di avere un quadro di insieme dell’andamento delle attività che non li costringa a continui contatti di allineamento con le proprie risorse.

In futuro insomma sembra prospettare grandi cambiamenti, che come sempre richiederanno scelte importanti, ma anche rapide reazioni.

Per stare al passo con i cambiamenti in atto nel mondo del lavoro e bene attrezzarsi al meglio fin da subito.

Vittorio Nascimbene

Founder & Ceo, Ricercamy s.r.l.

 

Mi occupo da vent’anni di Ricerca e Selezione del Personale.

Una forte curiosità unita al desiderio di trovare nuove formule per soddisfare le esigenze di recruiting dei clienti sono la mia missione.

Credo fortemente che l’unione di competenze e tecnologia rendano l’Head Hunting Smart.

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Quello che i cv (e i colloqui) non dicono

Quello che i cv (e i colloqui) non dicono

Il processo di reclutamento, al giorno d’oggi, prende sempre di più la forma di una catena di montaggio, sin dai primi click della persona interessata alla posizione. Questo è vero sia per grandi aziende, multinazionali, sia per determinate posizioni, come ad esempio nel retail.


I dati del candidato vengono infatti prima di tutto “dati in pasto” ad algoritmi che ne analizzano il curriculum, cercando le parole chiave che qualcuno ha determinato come fondamentali per descrivere il la persona ideale.


Dopodiché, il candidato viene sottoposto a uno o più colloqui, spesso standardizzati, nei quali si spera emergano aspetti importanti della persona, come alcune soft skills, e, ancora più importante, il reclutatore possa farsi una idea “generale” della persona che ha davanti.


La strutturazione e standardizzazione del processo di selezione tipico delle grandi aziende non rappresentano ovviamente un male: chi si occupa di qualità sa bene che qualsiasi processo deve essere costruito secondo una struttura solida e ripetibile, inoltre i meccanismi che selezionano i talenti sono fondamentali per qualsiasi grande organizzazione che voglia mantenersi tale, ed è fondamentale che il risultato sia sempre soddisfacente, pena perdita di enorme quantità di tempo e risorse.

"Cambia il vento ma noi no"

Come per tutti i processi, tuttavia, il problema che può emergere riguarda l’adesione “alla cieca” di processi che hanno fatto il proprio tempo, o che non si sono adattati ai frequenti cambiamenti del mondo del lavoro e dei mercati in cui le aziende operano.

Cosa succede, infatti, quando i gli strumenti che le aziende (o i candidati) utilizzano non permettono alle aziende di individuare caratteristiche rese fondamentali dall’accelerazione dei cambiamenti politici, economici, sociali?

Queste caratteristiche possono infatti non venire “a galla” durante il processo di selezione, lasciando scoprire al responsabile della persona, mesi dopo, se effettivamente il candidato è ideale oppure no.

Ma quali possono essere queste caratteristiche?

"Siamo così, è difficile spiegare"

I selezionatori più attenti sanno che, ad esempio, il “fit” tra cultura aziendale e candidato è estremamente importante. L’azienda predilige la tradizione? L’innovazione? La diversità di opinioni? È burocratica o fluida? Incoraggia il lavoro da casa o favorisce la presenza in ufficio? Ritenere queste domandi importanti significa anche saper quali domande porre al candidato, e come leggerne le risposte.

Un altro esempio, come immaginate, dato il sito web su cui ci troviamo, è l‘adattabilità.

Sapere in anticipo se e quanto il candidato si adatterà ai cambiamenti è una informazione preziosa, anche per realtà resistenti al cambiamento, o che tendono a muoversi piuttosto lentamente. Quando abbiamo parlato con aziende grandi e piccole per la costruzione di Jemma Adaptability Index, infatti, uno dei fattori di cambiamento più critici per le persone è stato il cambio di ruolo, un tipo di stravolgimento che avviene in modo relativamente frequente in qualsiasi tipo di organizzazione.

L’adattabilità è una caratteristica che non si può evincere in modo semplice da un curriculum, e che solo un selezionatore esperto può tentare di esplorare tramite colloquio.

Lasciando perdere il fenomeno di “desiderabilità sociale” che caratterizza tutti i candidati in fase di colloquio (nessuno si metterà mai volontariamente in cattiva luce), sapere quali domande porre e determinare l’adattabilità di una persona richiede molta esperienza, senza contare il fattore tempo: i colloqui devono essere concisi ma esaustivi, e spesso il tempo viene dedicato a conoscere aspetti ritenuti più fondamentali, come le capacità di comunicazione e lavoro di squadra, oppure esempi concreti di obiettivi raggiunti in esperienze passate.

Perché quindi non lasciare la valutazione dell’adattabilità a strumenti creati appositamente, in cui l’interpretazione non lascia spazio a dubbi, e che possano informare al meglio il selezionatore prima di effettuare il colloquio?

La lista delle motivazioni per non provare Jemma Adaptability Index si assottiglia, anche perché è possibile provarlo gratuitamente ed immediatamente!

Unveil Consulting s.r.l.