Soft skills e selezione del personale: perché l’MI6 non assumerebbe mai James Bond
In una intervista, il capo dell’MI6 Alex Younger ha dichiarato che, se mai James Bond si presentasse alla porta della intelligence militare britannica, non verrebbe mai assunto. E non si tratta solo di una questione di stile di vita e di consumo smodato di alcolici.

Intelligence emotiva
Per essere accettati dall’MI6, ha proseguito Younger, bisogna dimostrare soprattutto di essere all’altezza del complesso ambiente in cui si opera e delle decisioni che è necessario prendere. Le sfide che gli agenti devono superare, infatti, non sono solo fisiche, ma anche etiche. La personalità di James Bond è fatta sì di inventiva e determinazione, ma non brilla di certo per l’adesione alle regole e convenzioni morali. Basti pensare quanto 007 non ci pensi due volte ad esercitare l’uso della sua licenza di uccidere, o a violare le leggi locali ed internazionali, per raggiungere il proprio obiettivo.
Un altro aspetto fortemente importante per l’intelligence britannica è la cosiddetta intelligenza emotiva, spesso definita come la capacità di riconoscere, utilizzare, comprendere e gestire in modo consapevole le emozioni proprie e degli altri. Sicuramente non il lato forte di James, che un personaggio che difficilmente si lascia abbandonare alle emozioni e che in alcune interpretazioni rasenta perfino la sociopatia.
Infine, un’ultima skill nominata dal capo dell’MI6 è la capacità di lavorare in squadra, un aspetto che 007 non considera durante le sue avventure da eroe solitario.
MI6 piaciuto, quando puoi iniziare?
L’attenzione a quelle che oggi definiamo “soft skills” è sempre stata importante per tutte le organizzazioni, ma non sorprende che i primi veri strumenti per misurarle siano nati presso quelle organizzazioni che per definizione non possono e non devono fallire, e tra queste troviamo le strutture della Difesa di tutti i paesi. Non a caso, i primi questionari di reclutamento sono stati sviluppati dall’esercito americano 100 anni fa.
All’epoca i test, chiamati Alpha e Beta, esploravano l’intelligenza dei cadetti, per poi determinare il loro potenziale come generali, ufficiali o soldati. Sebbene la metodologia sia ad oggi superata, il fu un grande passo in avanti che vide, per la prima volta, l’utilizzo di uno strumento scientifico per il reclutamento, utile alla presa di decisioni strategiche in merito all’assegnazione e all’organizzazione del personale.
Con il passare del tempo e della evoluzione della cultura manageriale, le soft skills hanno raggiunto l’importanza che meritano nell’ambito della ricerca e selezione del personale. Abbandonato il concetto troppo ampio ed impreciso di intelligenza, oggi si fanno strada strumenti e tecniche per valutare le skills legate al cambiamento digitale, ma anche la capacità di imparare ad apprendere, gestire le responsabilità in autonomia e saper esprimere creatività ed innovazione.
Così come James Bond non potrebbe mai fare parte dell’MI6, è quindi probabile che una figura altamente specializzata, ad esempio un ingegnere o un programmatore, sia scartato in fase di selezione anche dimostrando altissime qualifiche tecniche perché non compatibile con la cultura aziendale, o non abbastanza capace di relazionarsi con i futuri colleghi.
Unveil Consulting s.r.l.
