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Jemma come strumento di valutazione nelle PMI

Jemma come strumento di valutazione nelle PMI

La nostra esperienza di consulenti per le piccole e medie imprese ci ha fatto comprendere come sia spesso difficile per queste realtà utilizzare degli strumenti di valutazione e valorizzazione del personale.
I motivi sono vari: non conoscenza dello strumento, scarsa percezione dell’utilità, ma soprattutto la credenza che attività di questo tipo siano pensate e realizzabili solo in contesti grandi, multinazionali e molto strutturati.
Si ritiene per così dire che questi strumenti siano poco “democratici” e di difficile interpretazione e che siano poco efficaci all’interno di organizzazioni più piccole in quanto non tengono conto delle caratteristiche di questi contesti.
Recentemente abbiamo collaborato con una società imprenditoriale che si è trovata a dover gestire dei temi legati ad un improvviso ed elevato turnover nella propria linea manageriale e una diffusa sensazione di malcontento da parte dei dipendenti. Tutto questo era coinciso con un avvicendamento generazionale alla guida dell’azienda che aveva portato a forti cambiamenti. Per non far mancare nulla, il tutto era stato condito dalla situazione pandemica del 2020.
Non è stato facile per noi consulenti, che avevamo aiutato l’azienda nella selezione del personale, far capire che sostituire le persone dimissionarie non avrebbe sortito grandi effetti positivi se prima non si fossero compreso le motivazioni di queste uscite e della situazione aziendale in generale.

Per raggiungere questa consapevolezza serviva uno strumento come abbiamo detto “democratico” e che tenesse conto delle specificità del contesto.

Abbiamo fatto conoscere Jemma: future adapatbility index all’Azienda e assieme alla proprietà abbiamo condiviso un percorso di analisi per capire quali fossero gli ambiti su cui focalizzare un futuro intervento.

Perché abbiamo scelto Jemma? L’abbiamo scelto perché dialogavamo con una realtà nella quale era in atto un profondo cambiamento e che aveva bisogno di fotografare sé stessa e i propri dipendenti per capire quanto questi ultimi fossero adatti al nuovo contesto.

Il risultato è stata la comprensione delle caratteristiche delle persone in relazione all’Azienda, ma non solo: i dipendenti sono stati positivamente colpiti dal fatto che la proprietà avesse deciso di investire tempo e risorse su di loro.

È quindi emerso che il malcontento generale era il risultato di una mancanza di supporto da parte dei responsabili nei confronti delle figure più operative, di uno stile di comunicazione completamente diverso da quello utilizzato “storicamente” e che quindi non veniva compreso e da un’improvvisa richiesta di autonomia da parte dell’Azienda che mal si conciliava con le caratteristiche di alcune figure facenti parte dell’organizzazione.

Ora inizieremo la fase successiva durante la quale lavoreremo con le persone per la loro crescita e con la proprietà per definire modalità di comunicazione e supporto adeguati.

Questa esperienza ci ha dimostrato come usando il giusto strumento tutte le aziende possono valutare l’adattabilità delle proprie persone: non è un tema di dimensione, bensì di volontà.

Oktopous s.r.l.

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Misurare l’adattabilità per migliorare i processi di selezione

Misurare l’adattabilità per migliorare i processi di selezione

La nota frase: “Non è la specie più forte o la più intelligente a sopravvivere, ma quella che si adatta meglio al cambiamento” comunemente (ma anche erroneamente) attribuita a Charles Darwin, ci racconta che l’evoluzione sulla terra ha visto favorito l’uomo sugli altri animali in quanto essere maggiormente in grado di plasmare il proprio comportamento in funzione delle mutevoli condizioni ambientali.

Tale capacità ha garantito agli esseri umani la possibilità di sopravvivere ad animali molto più forti di loro.

Allo stesso modo la capacità di adeguarsi al contesto aziendale, sulla base dei compiti assegnati o della personalità dei colleghi, è espressione dalle qualità intellettuali della persona più adattabile, che è in grado cioè di rispondere al meglio agli stimoli dell’ambiente in cui si trova.

Le aziende, per progredire in un’epoca di estrema competitività come quella attuale, hanno sempre più bisogno di assumere talenti con comprovate doti di flessibilità.

I processi di selezione il più delle volte però non sono in grado di misurare tale capacità. Normalmente alla fase di screening iniziale seguono l’intervista (telefonica, in video e/o di persona) in cui si approfondisce il percorso professionale del candidato, le hard skills (competenze tecniche) maturate nelle precedenti esperienze e quelle soft (comunicazione efficace, capacità di lavorare in gruppo, gestione dello stress, ecc…) tra le quali ci dovrebbe essere appunto la capacità di adattamento.

Questo tipo di analisi però è limitata ad una chiacchierata in cui il selezionatore cerca di far emergere tale capacità sulla base di quanto raccontato dal candidato delle sue precedenti esperienze o su attività extra-professionali.

Ad esempio nei miei processi di selezione quando voglio approfondire tale tema mi ritrovo a fare domande come le seguenti:

  • “Mi racconti di quando le è stato chiesto di occuparsi di un’attività che non aveva mai svolto prima. Come si è sentito? Com’è andata?”

Qui l’obiettivo è comprendere se c’è, da parte del candidato, passione per le nuove sfide e la voglia di imparare qualcosa di nuovo.

  • “Mi racconti di una volta in cui è stata introdotta in azienda una nuova procedura, un nuovo software”

Con questa domanda voglio capire se la persona ha voglia di esplorare nuovi modi di lavorare, se approccia positivamente il cambiamento.

  • “Le è mai stato assegnato un compito fuori dalle sue responsabilità. Coma ha affrontato la situazione?”

La risposta può rivelare quanto la persona sia consapevole del fatto che il proprio lavoro possa cambiare nel tempo e di come reagisce a questo cambiamento.

Niente di scientifico quindi. Anche se ad un selezionatore di esperienza le risposte fornite possono dare importanti indicazioni sulla persone che siede di fronte durante un colloquio.

Molti recruiter con cui ho lavorato nel tempo hanno manifestato la necessità di avere strumenti sempre più sofisticati che li supportassero nei processi di selezione. Strumenti in grado di misurare caratteristiche della persona che andassero oltre alla valutazione delle competenze tecnico-professionali. Strumenti che permettessero loro di accelerare tali fasi della valutazione e riducessero la possibilità di errore. Negli anni sono nati i più svariati test: personalità, cognitivi, attitudinali, ecc… Nulla espressamente dedicato alla misurazione dell’adattabilità. 

Oggi finalmente questo strumento c’è. Si chiama Jemma Adaptability Index.

Vittorio Nascimbene

Founder & Ceo, Ricercamy s.r.l.

 

Mi occupo da vent’anni di Ricerca e Selezione del Personale.

Una forte curiosità unita al desiderio di trovare nuove formule per soddisfare le esigenze di recruiting dei clienti sono la mia missione.

Credo fortemente che l’unione di competenze e tecnologia rendano l’Head Hunting Smart.